Sviluppa la tua bellezza

Disegno a matita di Flavio Lappo

Specchio delle mie brame chi è la più bella del reame?” “Sei tu mia regina!” Al di là della fiaba che tutti conosciamo questo breve dialogo di Grimilde con se stessa ci indica il potere della bellezza e la lotta per mantenere il primato. Una lotta culturale che ci viene somministrata con le fiabe insieme al latte, fin dall'infanzia: non c'è da stupirci se poi dall'adolescenza e, ahimè a volte ancor prima, entriamo nella spirale trituratrice di una bellezza agognata e bramata più di ogni altra cosa. Fermiamoci a riflettere un attimo: d'accordo la bellezza sfonda molte porte, ma non possiamo concentrarci solo su questo soprattutto se non siamo delle bellone. Devo per forza dirvi che essere belle non è tutto, che la bellezza è soggettiva ed effimera, che non esistono canoni prestabiliti a tavolino...ma questo apparentemente non sembra vero e le giovani donne che si affacciano alla vita devono fare i conti con tutto ciò. Allora vi racconto una storia, una storia vera e non quella di Biancaneve. C'era una volta una ragazza che nell'adolescenza si innamora di un bellissimo ragazzo, lui naturalmente più grande e bellissimo non la nota nemmeno e le sue accompagnatrici sono, tanto per fare il quadro completo, solo delle Barbie viventi. Lei soffre, poi si rassegna e pensa che mai potrà destare in lui il minimo interesse, ma tutto cambia quando pur non essendo diventata bella lo conquista. Come ha fatto? Ha valorizzato se stessa e, acquisendo fiducia nelle proprie risorse, ha imparato che ogni donna deve prima lavorare e valorizzare la propria personale bellezza attraverso trucco e abbigliamento, poi, soprattutto, non fermarsi solo sulle misure e sul nasino: può se-durre con l'intelligenza. Naturalmente se ha voglia di usarla.
Maria Giovanna Farina





Come realizzare i nostri progetti

Acrilico su tela di Flavio Lappo


I piccoli e i grandi progetti dell’esistenza hanno bisogno di una buona elaborazione per essere realizzati. Teniamo conto che progettare è l’attività peculiare dell’essere umano, è un’attività che sviluppa l’intelligenza e testimonia il nostro desiderio di vivere. A volte le idee ci frullano disordinatamente nella mente creandoci uno stato d’ansia e di insoddisfazione difficilmente gestibile perché non sappiamo se riusciremo mai a realizzarle. Quale strada percorrere per raggiungere l’obbiettivo, eliminare il disagio e avvicinarci alla felicità?
È necessario partire da progetti piccoli e di facile realizzazione come ad esempio assecondare il nostro desidero di dare un nuovo ordine al contenuto degli armadietti della cucina. 
- Se voglio un nuovo ordine vuol dire che quello attuale non mi soddisfa, perciò le idee nuove le scriverò su un quaderno
- Successivamente tra le idee che andrò ad appuntarmi farò delle scelte: quali tenere e quale cestinare
- Quando avrò deciso il nuovo ordine sarà il momento per iniziare i lavori
- Prima di svuotare gli armadietti devo trovare un piano d’appoggio provvisorio che non ostacoli i movimenti in casa   
- Ora potrò realizzare il mio progetto sicura della buona riuscita
Questo procedimento applicato ad una situazione molto semplice e non di difficile realizzazione ci dà il metodo, poi possiamo applicarlo a tutti i progetti della nostra vita anche i più ambiziosi. Se ad un certo punto dovesse intervenire nel nostro lavoro un atto creativo, quello non è soggetto a regole e lasciamo pure che si esprima. Lasciamolo venire alla luce così la felicità sarà completa!



Il primo passo verso se stessi

Disegno a matita di Flavio Lappo

Sapere di non sapere è sapere. Possiamo considerare questa famosa frase di Socrate come il punto di partenza della ricerca di sé. Per ri-trovare se stessi è auspicabile iniziare il viaggio con questo presupposto. “Sapere di non sapere” significa essere consapevoli delle proprie mancanze e incapacità, questa ri-cerca può apparire una banalità, al contrario è meno facile di quanto si possa credere. Per orgoglio a volte non si vogliono prendere in considerazione le proprie carenze: “Io non sono capace di …, Io non sono in grado di…” sono affermazioni difficili da ammettere a se stessi, figuriamoci agli altri. La consapevolezza della propria ignoranza, per parafrasare Socrate, diventa anche il primo obiettivo di chi vuole conoscere se stesso. È un’operazione semplice e complicata allo stesso tempo e richiede un po’ di umiltà. Dobbiamo lasciar uscire il nostro essere dall’arroccamento di una chiusura troppo difensiva che ci offre una sola visione del reale, per abbracciare, al contrario, delle possibilità alternative. La ricerca della consapevolezza della propria incapacità vuol dire scoprire ad esempio che non siamo in grado di comprendere le esigenze altrui e di conseguenza non riusciamo ad instaurare buone relazioni. Non capiamo ad esempio nostra moglie o nostro marito. Perché siamo incapaci? Forse non sappiamo ascoltare, forse ascoltiamo solo quello che vogliamo udire e non quello che realmente ci viene comunicato. Forse ascoltiamo solo quello che ci conviene. Se siamo disposti a compiere questo primo passo, possiamo partire alla ricerca e alla scoperta di strumenti utili: il mio interlocutore è di fronte a me, lo osservo, confronto il suo linguaggio verbale con quello non verbale……. E così mi incammino verso l’altro.  

Maria Giovanna Farina


















Attento a con chi parli

Disegno a matita di Flavio Lappo


A volte ci si lamenta della mancanza di riservatezza da parte degli altri, non facciamo in tempo a confidare un piccolo segreto che già ha fatto il giro del quartiere. Spesso la causa di questo spiacevole inconveniente siamo noi stessi: ci fidiamo troppo dell’altrui discrezione. Come evitare di cadere in questa trabocchetto? Innanzi tutto prima di fidarsi di qualcuno è saggio prendere le giuste precauzioni magari con uno stratagemma: sottoponiamo il nostro confidente ad un esame di fiducia raccontandogli un fatto interessante ma completamente falso e stiamo a vedere. Se col passare del tempo questo argomento non è stato diffuso significa che il nostro interlocutore ha buone possibilità di essere un tipo discreto. Al di là delle indagini, non dobbiamo mai scordare la natura dell’essere umano che è quella di essere un raccontatore di storie e quando non ne ha di personali usa quelle degli altri. E poi alcune notizie sono più suggestive delle altre ed il bisogno di raccontare si unisce a quello di primeggiare: sono il primo ad aver appreso che tizio ha bruciato il patrimonio in borsa e l’andarlo a riferire mi eleva come se fossi il detentore di uno scoop giornalistico. Inoltre il “mors tua vita mea”, che fa parte da sempre della nostra parte più nascosta, mi permette di screditare un mio simile attraverso notizie che disonorano e di avere un rivale in meno nella quotidianità. Il “mors tua vita mea” va preso in considerazione in questo caso in modo di simbolico, parliamo di reputazione, e non come una eliminazione fisica di un mio concorrente. Un’altra caratteristica dell’essere umano è quella di colorire il racconto con l’aggiunta di nuovi particolari che vanno ad ingigantire la notizia. Concludiamo ricordando che la comunicazione orale si presta alla distorsione già di per sé e possiamo dimostrarlo con un semplice giochino, quello del passa parola, da fare in compagnia. Ricordate il gioco del telefono senza fili? L’ultimo a ricevere la comunicazione dice cosa gli è arrivato: il più delle volte sarà una parola che non c’entra nulla con quella iniziale. Se poi aggiungiamo ed interpretiamo la comunicazione, figuriamoci cosa salta fuori!

Maria Giovanna Farina













Conoscere per non essere tristi

Disegno a matita di Flavio Lappo

Le situazioni che ci provocano un senso di tristezza, e quindi ci allontanano dalla felicità, sono svariate. Ora non andremo a toccare le vere forme di depressione che richiedono ben altro, ma rivolgeremo la nostra attenzione su un aspetto che in certe giornate primaverili e soprattutto autunnali dà un senso di malinconia a molte persone: la pioggia. Perché le giornate piovose provocano tanto malumore? Il sole rappresenta la vita, al contrario le tenebre rimandano alla morte. Il tempo nuvoloso è una sorta di anticamera ed è per questo che proviamo tristezza ed invochiamo il ritorno del sole.
Quali suggerimenti possiamo tenere presente per guardare le cose da altri punti di vista?
Per prima cosa che la pioggia è indispensabile alla vita e un sole sempre splendente provocherebbe la morte. Sì, ma io sono triste, continuerebbe a dirmi chi vive questi sentimenti. Cosa rispondere? Sei triste perché vedi la tua tristezza solo dal tuo ristretto punto di vista. Una visione allargata ti potrebbe far cogliere la necessità della pioggia che ad esempio aiuta a far crescere quei fiori o quelle pesche che tanto ti piacciono. Le tristezze gestibili dobbiamo elaborarle in questo modo per esorcizzarle. Questo è il procedimento che la filosofia sa offrirci per aiutarci a vivere meglio, ricordando le tante conoscenze già dentro di noi che spesso scordiamo di possedere. Rammentandocene possiamo superare con più facilità quei piccoli ma fastidiosi stati d'animo e avviarci a vivere con più serenità eventi fastidiosi come la pioggia. Se dopo questo discorso siete ancora tristi per la pioggia, beh allora non vi resta che aspettare di nuovo il sole: fortunatamente per molti secoli splenderà ancora!

Maria Giovanna Farina



Addio inutili pudori

Disegno a matita di Flavio Lappo

Gli inutili pudori sono tutti quei comportamenti che rendono più complicate le nostre relazioni con gli altri. Ciò succede quando ad esempio evitiamo di dire o dare qualcosa a qualcuno perché abbiamo paura che la nostra proposta non sia gradita. Magari senza saperlo quella persona non vede l’ora di ricevere la stessa cosa, ma non osa chiedere perché a sua volta... Ciò può accadere con un’amica o un amico, con un uomo o una donna quando magari ci facciamo problemi ad invitarlo/a in qualche luogo e senza saperlo dall’altra parte c’è un gran desiderio di ricevere l’invito: quest'ultimo è il caso più comune di ciò che intendo per inutile pudore. L’inutile pudore non si riferisce solo alla sfera sessuale, ma si estende all’intera gamma di relazioni che intrecciamo durante la vita. Come fare per tentare di superare questo nostro limite?
- Per prima cosa mettiamoci nei panni altrui e chiediamoci cosa penseremmo se ci trovassimo ad avere a che fare con questo tipo di comportamento
- Poi lavoriamo sul concetto di pudore e teniamo presente il suo valore positivo, cerchiamo cioè di usare il pudore nel non violare l’intimità altrui: magari telefoniamo ad un nostro amico all’ora di cena e poi ci facciamo scrupoli ad invitarlo ad uscire con noi perché forse, chissà, avrà altro da fare…
- Ricordiamo che ogni proposta (invito o dono) se fatta con la finalità di arricchire l’altro è sempre un atto d’amore e se l’altro non dovesse capirla non è un nostro problema
- Riflettiamo sul fatto che ogni inutile pudore, se naturalmente non viola la libertà ed intimità dell’altro, frena la nostra evoluzione nel reprimere uno slancio verso chi ci circonda.
L’uomo non può vivere allontanandosi dall’incontro, un modo per non isolarsi è proprio questo non lasciarsi limitare dagli inutili pudori causati, in ultima analisi, dalla paura di ricevere un rifiuto. Tutto cambia se questo temibile rifiuto noi impariamo a viverlo come un limite del nostro interlocutore, un limite che impedisce a lui di conoscerci di più.
 Maria Giovanna Farina

Difendi il tuo luogo segreto

Acrilico su tela di Flavio Lappo

A volte si afferma “Quella persona non la racconta tutta”, lo si dice a proposito di chi immaginiamo abbia un segreto custodito gelosamente, in realtà in ognuno di noi esiste un angolo segreto e privato a cui nessuno può accedere, uno spazio dove nessuno è autorizzato a far luce. Chi ci dà l'impressione di celare un mistero, spesso è qualcuno che difende più di ogni altro lo spazio segreto. Che cosa racchiude e a che cosa serve questo angolo privato? Per prima cosa dobbiamo chiarire che non si tratta di qualcosa di terribile o illegale, non stiamo parlando di chi mente spudoratamente agli amici o al partner o commette un crimine e lo nasconde per non pagarne il conto, ma ci stiamo riferendo a qualcosa di immateriale e legato alla parte più intima della nostra persona. In questo luogo inaccessibile custodiamo certi pensieri che non vogliamo condividere, le sensazioni legate ad un incontro, la vera natura del nostro credere e desiderare. Questa parte di noi è sacra ed è molto utile all'equilibrio della nostra anima perché è l'ultimo scampolo di vera libertà, è la possibilità estrema di difendere la nostra interiorità dallo sguardo indagatore di chi ci vive attorno ed accanto. Anche dallo sguardo della persona che più amiamo questo angolo privato deve essere difeso, a volte può capitare di avvertire il desiderio di aprire anche questa finestra e buttare fuori ogni cosa, ma quasi sempre si finisce per lasciarla chiusa anche perché il contenuto di quel piccolo spazio è così poco concreto da essere difficilmente raccontabile. Per concludere, non sentiamoci in colpa a causa del nostro terreno inviolabile, difendiamolo perché è salutare e soprattutto non pretendiamo di scoprire quello del partner, degli altri, nemmeno quello dei nostri bambini. 

Maria Giovanna Farina