In bocca al lupo

Disegno a matita di Flavio Lappo

I proverbi e i modi di dire popolari sembrano nascondere la saggezza dell'esperienza, ma non sempre vengono pronunciati con cognizione di causa. Siamo abituati a dire una frase scaramantica per non dire Buona fortuna, un augurio questo che a detta degli “esperti” porterebbe male. Scaramanzia e luoghi comuni sono amici per la pelle e ciò non giova alla nostra evoluzione, ma se proprio non possiamo farne a meno prima di pronunciare certe frasi pensiamo un po' di più al loro significato. Se per augurare il buon esito di un esame, di un colloquio di lavoro, della nascita di un progetto diciamo “In bocca al lupo” e l'altro risponde “Crepi!”, non ci rendiamo conto che l'altro si augura il fallimento del proprio progetto? Tutto questo accade perché ci fermiamo ad una prima interpretazione. Prima di tutto chiediamoci cosa significa andare in bocca al lupo: non è solo una cosa rischiosa ma anche un luogo di protezione se tra le sue temute fauci finiscono i cuccioli. Anche la mamma lupa ha un istinto materno e in caso di pericolo mette al sicuro la prole prendendola in bocca. Quindi augurandoci che crepi auguriamo un destino nefasto ai piccoli. E se trasportiamo su di noi tutta questa scena, possiamo immaginare che simbolicamente con quel “crepi” non facciamo che tirarci la zappa sui piedi. Certo, qualcuno potrà obiettare che quel in bocca al lupo significa andare in un luogo pericoloso e per salvarci non ci resta che augurare all'animale la morte, vero anche questo, ma poiché ogni detto ha il suo contrario quando usiamo certe frasi assicuriamoci in che modo le stiamo adoperando. Ogni proverbio ha il suo opposto: pensiamo a “La lontananza fortifica l'amore” e il suo opposto “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore” e così tanti altri. Per questo è meglio usare certe frasi seguendo attentamente “le istruzioni”: se siamo dei cacciatori non possiamo che augurarci che il lupo “Crepi”, mentre se la nostra anima è animalista non ci resta che ribattere con un “Grazie”.

Che cosa ci rende simpatici

Disegno a matita di Flavio Lappo

Perché proviamo simpatia per qualcuno? Che cosa ci rende simpatici agli altri? Non c’è nulla di razionale nella simpatia infatti si prova per qualcuno al di là della sua bellezza, bravura, moralità… Essa è qualcosa di diverso dall’amore anche se difficilmente si può provare antipatia per qualcuno che si ama. I filosofi non si sono molto occupati di definire la simpatia, un’analisi esauriente fu condotta dal filosofo tedesco Max Scheler (1874-1928) che fece una netta distinzione tra simpatia e contagio emotivo proprio di un gruppo. Si tratta di quel particolare stato emotivo che vivono ad esempio i fan di un cantante per cui provano la stessa emozione quando lo ascoltano ad un concerto. Questa non è simpatia perché la simpatia è il partecipare ai sentimenti di un’altra persona senza per questo condividerli. La simpatia è comprensione, affettività e magari un certo grado di amicizia senza perdere la propria individualità separata, perciò essa non annulla la diversità tra le persone ma si rivolge all’altro senza rimanere coinvolta nei suoi interessi. La simpatia permette di capire l’altro, di mettersi idealmente nei suoi panni e di scorgere eventualmente i problemi che sono nella sua vita. Con la simpatia si può provare dispiacimento, quando ad esempio un nostro amico perde il lavoro, ci dispiace, lo capiamo e comprendiamo il suo tormento, ma non stiamo male come lui. Concludendo, quando proviamo simpatia per qualcuno è utile approfondire la conoscenza perché la simpatia favorisce un rapporto paritario e di scambio. Alla domanda perché proviamo simpatia per qualcuno possiamo rispondere che chi ci è simpatico, al di là delle sue caratteristiche positive o negative, mette in scena parti di noi a cui siamo affezionati, questa è la ragione per cui è così facile entrare in sintonia e provare simpatia per quella persona. La simpatia è una forza di attrazione che scatta nei confronti di qualcuno, per cui essere se stessi è il modo migliore per essere simpatici. 

Maria Giovanna Farina


Il viaggio come esperienza d'incontro

Mondi separati, disegno a matita di Flavio Lappo

Viaggiare, un'esperienza tra le più desiderate dall'essere umano. Per conoscere nuovi luoghi e altre persone, per sentirsi parte di questo mondo e, perché no, per divertirsi e a volte vincere nuove sfide quando il viaggio si fa avventura. Ma esiste anche il viaggio interiore alla ricerca di quel se stessi dimenticato nella cantina del nostro passato: ricordate la canzone di Lucio Battisti Sì viaggiare? Credo non si riferisse ad un viaggio con un'auto con problemi al motore quando dice: Sì viaggiare evitando le buche più dure, senza per questo cadere nelle tue paure...rallentare per poi accelerare con un ritmo fluente di vita nel cuore gentilmente senza strappi al motore. Qui c'è un bel suggerimento per vivere meglio, è un po' come dire: fai le tue esperienze, evita di metterti in guai troppo grossi, scendi e risali...goditi la vita avendo cura di non sconquassarti troppo! È un po' ciò che dovremmo fare tutti. Allo stesso tempo durante un viaggio in auto nella propria solitudine si pensa ed è in questi casi che il viaggio diventa spostamento verso una località, ma è anche un entrare nel viaggio interiore. In treno, un mezzo più sociale, il viaggio può diventare incontro se ci apriamo ai nostri compagni viaggiatori e allora le esperienze si moltiplicano: andiamo al mare, dentro di noi e fuori di noi in un'esperienza tra le più proficue. Possiamo concludere con il suggerimento di non scordare mai la grande opportunità del viaggio come incontro con noi stessi e con gli altri: nel prossimo viaggio alziamo un po' gli occhi dal libro che stiamo leggendo e spostiamo le orecchie dall'auricolare!

Maria Giovanna Farina




















Cos'è la libertà?

Acrilico su tela, Flavio Lappo, 2017

Cos'è la libertà? Già gli Stoici nel III secolo a.C. ritenevano la libertà una scelta del soggetto, per cui solo il sapiente è libero perché vive secondo natura conformandosi al destino. Ciò significa che sono libera se conosco le cose: il conoscere evita le sorprese e di conseguenza il comportamento diventa libero da falsi pregiudizi. C’è uno stretto legame tra libertà e volontà, ad esempio non è punibile chi commette il male contro la propria volontà: non possiamo condannare chi fa una cattiva azione perché costretto. Per Socrate l’uomo commette il male per ignoranza quando cioè non conosce la via del bene. Il libero arbitrio prevede invece un uomo che conosce e può scegliere. Rimanendo in tema, desidero fare un esempio riferendomi a San Francesco d’Assisi la cui storia ci è nota. Nel famoso film di Zeffirelli “Fratello sole e Sorella luna” viene messa in risalto la scena di quando Francesco si spoglia, letteralmente, degli abiti e si dà alla povertà. Al di là del contenuto religioso, questo spogliarsi ha una forte valenza simbolica ed è un liberarsi di tutto quel bagaglio di stereotipi dei quali il giovane era vittima. Francesco per liberare quel se stesso prigioniero ha dovuto compiere un atto estremo che lo ha reso veramente libero. Questa storia insegna anche che è necessario combattere ogni giorno per la libertà, per conquistarne un pezzettino alla volta, evitando di giungere a pericolosi atti estremi.



Dai la giusta misura alle cose

Disegno a matita di Flavio Lappo


L’uomo è la misura di tutte le cose diceva Protagora tra il V e IV secolo a. C. Questa considerazione si può intendere come l’uomo è al centro dell’universo, ma anche come il mondo è costruito a misura dell’uomo. Noi vogliamo porre la nostra attenzione sulla necessità, per vivere bene con gli altri e con noi stessi, di lasciare che ognuno dia la giusta misura a tutte le cose. È importante non portare il discorso alle estreme conseguenze, se estremizzata anche una buona idea può diventare pericolosa. Se è bene avere un fisico atletico, scattante e non appesantito, è all'opposto deleterio considerare il cibo e la ginnastica come unici valori dell’esistenza vivendoli come ossessioni senza una giusta misura. Questa frase “l’uomo è la misura di tutte le cose” la possiamo utilizzare in riferimento a ciò che sperimentiamo attraverso i sensi, ma anche a ciò che viviamo nell’interiorità di noi stessi. Facciamo i nostri soliti esempi concreti parlando della soggettività del dolore. Vado dal dentista per un controllo generale ed ecco che appena mi tocca il molare superiore sinistro avverto una fitta. Accade che il dentista mi dica “Non è possibile, questo dente è devitalizzato”. La sua risposta mette in dubbio la mia percezione del dolore creando un senso di sfiducia verso il medico. Andando sul piano sentimentale la stessa cosa accade quando una persona soffre per essere stata lasciata e qualcuno le dice: “Come esageri, dopotutto stavate insieme solo da pochi mesi”. Non ci si può porre come arbitri delle sensazioni altrui e ciò vale anche per i sentimenti, le emozioni, ecc. Questo atteggiamento ci allontana dall’altro, per trovare un contatto devo accettare la sua misura, quello che l'altro avverte: “Chi può dire cosa l'altro prova?” Questa operazione ci evita di essere arbitrariamente arbitri e ci insegna a compatire gli altri nel senso di patire con. Dare la giusta misura ci aiuta, infine, a vivere in modo equilibrato tutte le esperienze.
Maria Giovanna Farina

La nascita del vero sé

Disegno a matita di Flavio Lappo


È importante trovare una strada adatta per superare un momento critico, quel particolare stato che blocca le parole e ci impedisce di dare la giusta immagine di noi stessi. Sì, perché il problema è spesso quello di non riuscire a trasmettere agli altri quello che veramente siamo; le nostre doti sono conosciute a pochi e magari solo a noi stessi e questo stato di cose vorremmo cambiasse. Quando si è lì davanti all’esaminatore, a un superiore o a chiunque possa incuterci timore, si può superare il blocco ricordando una frase che è bene ripetersi per farla diventare parte di noi: “Non me ne importa niente!”, ma se è vero che questa convinzione in molti casi aiuta a prendere il giusto distacco, in altri può non essere sufficiente. Andare all’esame molto preparati è fondamentale perché sarà difficile essere messi in scacco, ma anche questo può non essere sufficiente quando qualcosa di indefinito, da tempo ha bloccato la nostra capacità di razionalizzare. Se mostriamo  insicurezza, la nostra interiorità diventa oggetto di esperienza per l’altro che può abusare delle nostre debolezze e paure. Vi racconto un fatto di cui sono stata testimone all’uscita di una scuola elementare. Uno scolaro di quinta, da anni dileggiato dai compagni di classe e noto solo per il suo carattere mite e poco competitivo, improvvisamente un pomeriggio stupisce tutti. Sbotta dicendo: “Non sono più il Rossi di prima!” butta per terra lo zaino, si rimbocca le maniche e mostra i pugni: “Dai!”. Tutti, compreso il provocatore di turno, rimangono attoniti e nessuno fa un passo avanti. Mostrando il suo coraggio, a tutti fino a quel momento sconosciuto, Luca ha creato quello che la filosofia definisce “rottura epistemologica”, cioè dare una svolta forte al pensiero tradizionale. Il suggerimento che posso dare per far uscire allo scoperto la nostra vera natura è quello di creare una rottura. Per prima cosa, come sempre, iniziamo dalle situazioni più semplici: un nuovo look, un nuovo taglio di capelli che stacchi molto col passato dà il primo segnale agli altri che non siamo più quelle o quelli di prima. Prendiamo così pian piano coscienza del nostro possibile cambiamento, poi la svolta radicale arriverà al momento giusto, quando saremo pronti.     
Maria Giovanna Farina