Ogni situazione è un'occasione



Lo ha detto all'inizio della Quaresima il nostro Cardinale e ha fatto le valutazioni che il suo ruolo il suo magistero e la Fede suggeriscono. Ma anche laicamente, se ci pensiamo, ogni situazione è sempre un'occasione. Ogni situazione, e sto pensando a questo isolamento cui siamo costretti, è l'occasione per sottolineare le cose che nonostante tutto possono essere positive nella nostra vita. Non tutto è male, non tutto è solo problema. Intanto pensiamo a quanto intensamente ha fatto riscoprire in tutti noi l’orgoglio di sentirsi italiani. Mai come ora ci siamo sentiti tutti uniti, tutti solidali, tutti orgogliosi. Ma prendiamo anche in considerazione l'esempio di una famiglia, questa situazione crea l'occasione per rinforzare i rapporti tra i vari membri che, dopo i primi momenti di scombussolamento, di nervosismo e di incapacità di sopportarsi, abituati come sono a passare il maggior numero di ore fuori casa, adagio adagio tornano ad imparare a convivere di nuovo tra loro, e lo devono fare forse all’inizio un po' per forza, ma coi giorni che passano sempre più con piacere. Non si è più abituati a stare stretti in un unico spazio e magari ora ci si scavalca a vicenda. La pazienza ci vuole di sicuro e soprattutto all’inizio, ma poi, riflettiamo sul fatto che in fondo, tanti o pochi anni fa, ognuno di noi ha scelto l'altro ed è da questa nostra unione che sono nati i figli che ora stanno lavorando al computer nell’altra stanza, o distruggendo la casa con i loro giochi. Ed ora serve stare di nuovo tutti uniti, appassionatamente...mi verrebbe da dire. Pazienza, e  riflessione. Questo può servire a riavvicinare le famiglie. Questa condizione forzata può essere l'occasione per ognuno di noi, anche per chi vive solo, per riscoprire se stesso, o cose che abbiamo abbandonato negli anni. Non è vero che ci siamo sempre lamentati che abbiamo troppo poco tempo nella nostra giornata? E ora che di tempo ne abbiamo in abbondanza, cerchiamo di riscoprire noi stessi, come persona e come individuo che sa stare bene con se stesso. Cerchiamo di recuperare quello che ci piaceva fare, quello che abbiamo disimparato e che forse non facciamo più perché crediamo di essere cambiati. Nelle 24 ore di tempo che abbiamo, perché non riprendere quella sana abitudine di dedicarne un po' alla lettura, alla nostra vecchia passione del cucito o dell’aggiustare quel piccolo elettrodomestico che è accantonato da tempo... Quanto ci divertiva cucinare! Bene, è anche l'ora di mettersi a preparare quella torta o quella pietanza che, ricordiamo ci piaceva tanto, magari coinvolgendo i ragazzi, e pazienza se alla fine di tutto la cucina è un disastro...Occupiamoci di noi, se vogliamo anche in modo frivolo, con una cura per la pelle o un impacco per i capelli, o con un po' di meditazione o di buona musica. Ma non basta; in un momento così difficile oltre che occuparci di noi, del nostro compagno, della nostra famiglia, dei nostri animali o della nostra casa, dobbiamo occuparci anche degli altri. Perché anche occuparsi degli altri fa bene, a loro e a noi. E a chi sta entrando in panico e dice...mi sembra di essere in guerra, beh, ricordiamo che i nostri nonni o genitori, a quell’epoca non avevano forse nemmeno il telefono. Quindi pensiamo a quanto siamo fortunati, rispetto a loro, noi che in questo triste momento, abbiamo tanti mezzi di comunicazione che ci permettono di parlarci, vederci e perfino divertirci, anche a distanza. Ma per tornare a chi ci sta vicino, possiamo fare qualcosa: una telefonata che continuiamo a rimandare a chi sappiamo che è solo, una fetta di torta a quella signora che abita alla porta accanto... la giornata sarà più leggera per tutti. Si ha bisogno di sorridere, di sorriderci e i modi per farlo sono molti. Infine io credo che dobbiamo occuparci anche di tutti gli altri, quelli che conosciamo e quelli che non conosciamo. Sembrerà assurdo ma possiamo fare qualcosa per i nostri concittadini, ma anche per gli italiani tutti, gli europei e il mondo intero. 
Dobbiamo restare a casa per evitare il contagio e dare una mano anche a tutte quelle persone che a casa non possono rimanere perché il loro lavoro è in trincea, negli ospedali, nelle sale di rianimazione. Restiamo a casa, per noi, ma anche per loro.
Giuliana Pedroli

Milano e la speranza

Piazza Duomo, foto di Ivano Grammatica, marzo 2020
In questi momenti di momentanea sospensione delle relazioni tradizionali, abbiamo tutti bisogno di speranza e non solo di regole certe per evitare il contagio. Come sempre l'arte sa esserci d'aiuto soprattutto quella visuale capace di attrarre la nostra attenzione. La fotografia di Ivano Grammatica parla al nostro cuore, al nostro amino ferito, sopratutto credo sia in grado di farlo ai milanesi che nel Duomo vedono la loro identità al di là del credo religioso. El Dom de Milan, come lo udivamo nominare da un milanese che è in via di estinzione, ci rappresenta anche fuori dalla città, è un simbolo di unione, di arte sublime, di religiosità alta, di uno sguardo benefico sulla metropoli.
Questa fotografia deve diventare il simbolo della ri-nascita della nostra milanesità, ma anche, e soprattutto, della italianità ferita: la vita quotidiana riprenderà forte e fiera. L'occhio del fotografo ha catturato l'attimo del nuovo che giungerà, i piccioni in gruppo sembrano, nel loro essere vivi e pasciuti, attendere che piazza Duomo tornerà a riempirsi, osservano il Duomo certi che i turisti occuperanno nuovamente lo spazio vuoto per sbriciolare, per perdere pezzetti di focacce e panini o per lanciare, in barba alle regole. qualche mollica di pane.
Il Duomo è paziente, attende e ci ricorda la nostra storia.

Maria Giovanna Farina