![]() |
Acquarello di Daniela Lorusso |
Diciamo
che anche i comportamenti dello stalker possono essere finalizzati a
far cambiare opinione alla propria vittima. Si pensi al caso più
comune di stalking in cui l'ex marito o fidanzato perseguita la donna
con cui aveva una relazione sentimentale al fine di ripristinare tale
relazione. Tuttavia, credo che questa fase sia solo quella embrionale
del comportamento dello stalker che, una volta capito che in tale
modo non otterrà il risultato da lui sperato, invece di desistere,
inasprisce la propria condotta tramutandola da persuasiva a
vendicativa e rendendo la vita della vittima impossibile.
Credo
che Socrate si fermasse prima di arrivare a questo punto e non usasse
la propria arte di "ronzare" attorno al suo interlocutore
al fine di impaurirlo, minacciarlo e vendicarsi di un presunto torto
subito.
Inoltre,
Socrate metteva in atto la propria opera di "disturbo" nei
confronti del maggior numero possibile di potenziali discepoli e non
di una sola persona, come fa lo stalker. Socrate, quindi, disturbava
pubblicamente, alla luce del sole, in quanto l'intento divulgativo
del filosofo ha efficacia solo se raggiunge un gran numero di
persone, quello persecutorio dello stalker, invece, deve colpire
solamente la vittima. Il punto debole dello stalker è, quindi,
proprio quello di dover agire di nascosto e in silenzio, anche
perché, al di là dei possibili risvolti penali, è ben consapevole
di quanto siano biasimevoli le proprie azioni da un punto di vista
sociale.
Credo
quindi che il miglior modo che ha la vittima per difendersi dal
proprio persecutore sia quello di smascherarlo rendendo pubblico ad
amici, familiari, colleghi di lavoro il suo ignobile comportamento.
Come lo scassinatore o il ladro d'auto sono costretti a scappare
quando suona l'antifurto, anche lo stalker non potrà più agire
indisturbato se viene riconosciuto quando si apposta davanti ad un
condominio, ad un ufficio, ad una palestra, ad un bar.
Ricordo
infine che il reato non si chiama stalking ma "atti
persecutori" ed è disciplinato dall'art. 612bis c.p,. mentre la
pena prevista va da sei mesi a 4 anni con la possibilità di essere
aumentata per i casi più gravi.
Alessandro Bonfanti, dottore in Giurisprudenza
Nessun commento:
Posta un commento