La conoscenza, una questione di metodo



Acrilico su tela di Flavio Lappo (Produzione anni'70)
Un metodo di indagine conoscitivo, un approccio alla conoscenza e di conseguenza uno strumento per fare luce nelle disarmonie relazionali dell'individuo deve partire dalla chiarezza. Per questa ragione ho preso in considerazione un filosofo che potesse dare un contributo scientifico a tale necessità. Ho individuato in Renè Descartes filosofo del '600 e in alcune sue considerazioni le basi utili al nostro scopo: idee contenute nella sua opera I principi della filosofia nell'edizione italiana di Laterza, 1967 e successive.
Nel paragrafo 48 della Prima parte incontriamo questa considerazione [Io distinguo tutto ciò che cade sotto la nostra conoscenza in due generi: il primo contiene tutte le cose che hanno qualche esistenza e l'altro tutte le verità che non sono nulla al di fuori del nostro pensiero] e verso la fine [vi sono certe cose che noi sperimentiamo in noi stressi che non debbono essere attribuite alla sola anima e nemmeno al solo corpo, ma alla stretta unione che è tra loro...]
Al di là di ogni controverso parere sul pensiero cartesiano dei suoi epigoni, Descartes fu un matematico e le sue considerazioni mi danno una certa tranquillità di base. Un altro importante filosofo questa volta del '900, Gaston Bachelard, ci viene in soccorso con la sua opera La formazione dello spirito scientifico Cortina editore 1993; in questo testo Bachelard si propone di mostrare [l'endosmosi abusiva dell'assertorio nell'apodittico e della memoria nella ragione] vale a dire attraverso un metodo di ispirazione psicanalitico analizza le credenze, i costumi sociali, i metodi di affrontare gli eventi per porre una differenza tra ciò che è scientifico e ciò che è solo una credenza popolare. Prendendo in considerazione questo lavoro con i punti delineati poc'anzi direi che Descartes ci fornì gli strumenti di base utili per avviarci ad un lavoro metodologico matematico, e per questo sicuramente scientifico, atto allo studio della conoscenza. Nei brani esposti ci dice che la nostra conoscenza è essenzialmente di due generi: quella rivolta alle cose che esistono e l'altra che è solo del nostro pensiero: il tavolo su cui appoggio il computer per scrivere è sotto il mio controllo visivo e tattile e seppur i sensi mi ingannano, come lui afferma altrove, posso dire che il tavolo esiste come oggetto reale, se poi io lo vedo verde invece è rosso ciò non toglie nulla al fatto che esista. Le verità che esistono solo nel nostro pensiero, quali sono? L'intelletto e la volontà ne sono i principali anche se la volontà è illimitata e possiamo dire anche pericolosa. L'altro punto importante è la sua considerazione riferita alle cose che non appartengono né al solo corpo né alla sola anima ma all'unione tra loro come la collera, la tristezza, l'amore: questa considerazione pone Descartes come un attento osservatore dei comportamenti umani.

Un metodo per ben procedere cosa dovrebbe delineare? Innanzitutto deve tenere presente che esistono due modalità fondamentali del conoscere ma che queste due modalità non sono separate bensì interagiscono tra loro, non sto solo dicendo che corpo e anima sono unite, non direi nulla di nuovo. Sto affermando che proprio perché unite, o meglio in interazione, corpo ed anima creano una modificazione della realtà: interagendo possono modificare la vita dell'individuo e il suo rapporto con gli altri. 
Maria Giovanna Farina

In caso di Apocalisse



Giulia Bertotto ha pubblicato il suo primo libro ed è poesia. “In caso di Apocalisse” (ed. EscaMontage) non è una scrittura poetica appresa da altri poeti, ma è la sua personale scrittura poetica filosofica. Con uno stile del tutto personale, originale nei temi trattati e nel modo di “far giocare le parole”, Giulia ha donato ai lettori parole originarie scaturite dall'esperienza e dall'incosciente appartenenza ad un universo che ci contiene ed ha potere su di noi. Non siamo mai identici a noi stessi, siamo in ri-cerca, siamo figli della materia, ma siamo anche altro dalla sola aggregazione di atomi. La Filosofia è maestra? Certamente è madre delle nostre incertezze, ma è anche capace di renderci sempre puri esseri in meraviglia appassionati della nobile cura della nostra origine.

Di seguito una poesia tratta dal libro che mostra il valore della pratica filosofica:

Filosofia in tasca

Filosofia in tasca
Ho un’edizione economica in tasca
in caso di emergenza leggere Seneca
per dubbi dilanianti rivolgersi a Cusano
se non mi sento al sicuro
ho una maniglia antipanico,
si chiama Epicuro.
Per ridimensionare un dolore
somministrare l’infinito di Bruno

il metodo è dialettica, l’arte filosofia pratica!


Maria Giovanna Farina






Dio esiste? I filosofi si sono interrogati da molto tempo

Opera di Flavio Lappo
Si può dimostrare l'esistenza di Dio? Una domanda molto impegnativa a cui nel corso dei secoli anche i filosofi hanno tentato di rispondere. L'argomento della fede in Dio credo sia imprescindibile e per questo lo tratto sul L'accento di Socrate che ha il compito di far riflettere su ogni relazione umana. L'argomento è vasto e sarebbe riduttivo fare un discorso generico, mi limito qui ad introdurre la prova ontologica. Ontologico è un termine che si riferisce all'essere in quanto tale e la prova ontologica dell'esistenza di Dio ritiene Dio un essere immensamente perfetto che di conseguenza deve possedere necessariamente l'attributo dell'esistenza. Notissima è la prova ontologica di S. Anselmo d'Aosta (Aosta 1033 – Canterbury 1109), filosofo, teologo e arcivescovo di Canterbury. Ma prima di avventurarci nell'argomento di Anselmo facciamo un passo indietro nel VI secolo a. C. per incontrare il filosofo Parmenide di Elea e comprendere come il problema dell'essere sia molto antico. Parmenide sostenne un noto argomento che tanto fece riflette Heiddegger: l'essere è e non è possibile che non sia. In più disse che le caratteristiche dell'essere sono immutabilità, eternità, perfezione, sfericità (che per gli antichi era sinonimo di perfezione). Possiamo dedurre senza troppa fatica che pensare un oggetto ne dimostra la sua esistenza. Da questo terreno culturale prende le mosse la prova ontologica di S. Anselmo d'Aosta. Anselmo dal punto di vista filosofico si ispira a S. Agostino e ritiene fede e ragione come due momenti che conducono insieme alla conoscenza di Dio. La sua prova ontologica per dimostrare l'esistenza di Dio consiste in questo: l'esistenza di Dio si deduce dal concetto di Dio come ente di cui non si può pensare nulla di più perfetto, se non esistesse mancherebbe dell'attributo dell'esistenza il che sarebbe in contraddizione col concetto di essere perfettissimo. In altre parole, Dio è un essere perfetto ed esiste proprio perché in quanto perfetto non può avere una carenza così enorme come la non esistenza. L'argomento fu criticato dal suo contemporaneo Gaunilone per il "salto” che Anselmo avrebbe fatto dal piano logico a quello ontologico e dai filosofi che si sono succeduti, mentre tra i più noti sostenitori della tesi di Anselmo troviamo Cartesio e Leibniz.
Per avventurarsi in un tema così impegnativo e vasto credo si debba aver ben chiaro da quale punto di partenza abbia preso le mosse filosofiche la questione dell'esistenza di Dio: dopo la presa di coscienza e conoscenza si può appoggiare o sconfessare la prova ontologica.

Maria Giovanna Farina