Il
Purgatorio, luogo intermedio e di passaggio tra i due “regni del
non ritorno”, come si inserisce nella nostra vita al di là del
significato religioso? Quando siamo in una situazione di sofferenza
interiore perché ci è accaduto qualcosa di molto spiacevole e
questa situazione sembra durare troppo siamo portati a dire: “Perché
è toccata a me, cosa ho fatto di male per meritarmela?” Se
analizziamo questa domanda ci rendiamo conto che accanto al male che
ci assale c’è spesso l’idea che potremmo aver fatto qualcosa per
meritarlo, che è la punizione per qualcosa che abbiamo commesso.
Questa idea affonda le radici nella notte dei tempi quando il genere
umano cercava di ingraziarsi il favore degli dei per paura degli
eventi pericolosi di cui non sapeva darsi una spiegazione. Si può
definire purgatorio una sofferenza temporanea in attesa del ritorno
ad una condizione di vita serena. Il guaio è che in certi casi la
condizione di purgatorio diventa permanente e lo stato di
prostrazione che ne deriva amareggia la nostra vita. E’ il caso di
quando viviamo situazioni che non ci piacciono e non riusciamo a far
nulla per uscirne. E’ questa una tipica situazione ciò che ci
hanno insegnato fa a pugni con i nostri desideri! Vi faccio
l’esempio, estremo e purtroppo comune, di quando una donna subisce
violenza tra le mura domestiche e non fa nulla per denunciare le
percosse che la umiliano. In certi casi si giunge alla situazione in
cui la vittima nel suo tormentato disagio esistenziale arriva alla
convinzione di essere colpevole e di conseguenza di meritarsi le
botte del marito violento fino a convincersi che: “Ecco se stavo
zitta non si arrabbiava…”. Il
primo passo per
uscire da questa prigione è attaccarsi con forza all’idea che noi
umani per sfidarci abbiamo le parole, mentre ogni violenza non è
giustificabile. Mai. Il
secondo passo è
cercare in noi una parte anche piccola da amare, aggrapparsi a questa
ci aiuta far ri-crescere la confederazione di sé andata perduta
nelle sottomissioni in cui abbiamo vissuto per un brutto periodo. In
casi meno gravi, lo stesso meccanismo scatta quando un membro della
coppia colloca l’altro in perenne condizione di colpa: “A causa
tua ho perso un affare d’oro…”. Far sentire in colpa l’altro
conduce al bisogno interiore di espiare e quindi: purgatorio.
Maria Giovanna Farina
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