Intervista a The Leading Guy




Cantautore abile e raffinato, THE LEADING GUY mette al centro del suo lavoro le canzoni, cercando di raccontare qualcosa di unico e spontaneo. Cerca il silenzio in modo da poter rappresentare al meglio il suono di ciò che è prezioso, per poi interpretarlo in modo essenziale, grazie ad una vocalità dolce e graffiante. Dotato di una capacità melodica pulita e brillante, ha fatto dei testi e dell’interpretazione le sue caratteristiche stilistiche distintive e facilmente riconoscibili.

L'abbraccio universale di THE LEADING GUY nel nuovo singolo OH BROTHER


È il nostro essere umani a poterci salvare, è il nostro sentire comune che deve essere risvegliato, il nostro pensare anche al prossimo. È la nostra empatia verso il dolore altrui che deve essere scoperchiata perché quel dolore, in fondo, è anche nostro e ci accomuna agli altri. Per affrontare argomenti delicati come la perdita, il silenzio, come luogo non di isolamento ma di riflessione, si fa ancora più necessario.



La perdita ed il silenzio, è interessante come tu abbia accostato questi due stati del mondo. Come sei giunto a considerarli? 
La perdita ha sempre una connotazione negativa ma può scuotere la vita in maniera positiva. Perdendo qualcosa o qualcuno siamo costretti a cercare "altrove" per stare bene e finiamo per trovare situazioni e persone a cui non davamo un peso significante.
Il terremoto emotivo di una perdita ci permette di capire quali sono le persone su cui davvero poggiano le nostre fondamenta. Il silenzio, dal mio punto di vista, è la cosa che più ci spaventa in questo momento. Riempiamo qualsiasi spazio libero con le parole. Anche quando non parliamo comunichiamo, scrivendo messaggi o commentando qualcosa, spesso inutilmente. Non riusciamo più a stare soli. 
Molto interessante anche l'ottimismo con cui affronti l'argomento, ricordiamo che l'ottimismo non è “vedere rosa”, ma trovare la soluzione/strada migliore. Sei sempre stato così fiducioso o ci sei giunto con qualche “supporto”? 
Ad essere onesto non mi reputo una persona ottimista e nella vita ho spesso il timore che le cose possano andare male. Nelle canzoni però cerco sempre di lasciare una finestra aperta alle possibilità. Per affrontare una perdita dolorosa come quella di un fratello c'è bisogno di supporto da parte di chi rimane, e la musica nel suo piccolo può esserlo. È un modo per non lasciare solo chi soffre. Un fratello è insostituibile ed il dolore è per sempre, si può solo tentare di giocare la propria parte al meglio. 
3) Oh Brother si prefigge come proposito quello di essere un abbraccio universale, un conforto comune. Raccontaci quale fatto ti è accaduto che sia stato capace di condurti ad un sentire universale... 
Quando le persone a cui vogliamo bene perdono qualcuno l'unica cosa che possiamo fare è unire le forze. Mi sono spesso sentito inutile affrontando un dolore altrui. La nostra specificità serve a poco ed è impotente in situazioni del genere. Anche se Oh Brother l'ho scritta io, dentro ci sono tutte le persone che hanno affrontato quei momenti in cui ci sentivamo inutili di fronte ad un dolore che non era il nostro. 
Cosa ti aspetti dal mondo della musica? Credi che unendo gli sforzi si possa superare un certo declino di una certa musica attuale?
La musica è da sempre in declino. Ogni decennio ha le sue polemiche e finisce per innescare un effetto nostalgia che serve a poco.  Quello però che mi spaventa è che molti artisti scrivono in funzione del pubblico. Sono spaventati dall'idea di non avere successo, mentre la paura dovrebbe essere quella di scrivere brutte canzoni. Ho amici che sino a qualche anno fa suonavano folk ed oggi si vestono in tuta per imitare gli artisti indie del momento. Credo che la musica brutta nasca proprio dalla paura di non essere ascoltati, dalla mancanza di pazienza, da parte degli artisti e del pubblico. 

Maria Giovanna Farina


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