In
una società in cui tutti fanno finta di essere qualcosa, che non
sono, io sono felice di essere un “vecchio”
e
di considerarmi estraneo a qualunque conformismo.
Nel
periodo in cui ero arrivato a Milano nei primi anni '90 un famoso
chirurgo con cui stavo lavorando mi disse che per essere un toscano
ero fin troppo ligio al dovere e al lavoro, ma probabilmente per
questo motivo ho continuato sempre a fare il mio lavoro con la
massima scrupolosità senza mai pensare di potermi approfittare del
prossimo, né tanto meno di dare fastidio all'operato degli altri.
Invece era un invito chiaro a “rompere le balle” perché
altrimenti non ottieni nulla. Quel chirurgo era evidentemente
abituato a pensare ai toscani che tendono ad avere una critica molto
pungente e tagliente, ma da quel punto di vista io non ero come gli
altri toscani che aveva conosciuto. Viceversa sono quello che a Siena
viene chiamato il “bastian contrario”, cioè quello che fa
esattamente l'opposto di quello che gli viene detto, insomma un
anticonformista.
Sembra
che nessuno oggi voglia considerarsi vecchio. Sicuramente non lo
vuole chi si sottopone ad interventi di chirurgia plastica oppure chi
fa di tutto per dimostrare di avere meno anni di quelli che ha per il
vestire, il modo di comportarsi, l'atteggiarsi, perfino nel vantare
di non avere mai studiato in vita sua. Per essere il paese con minor
iscritti all'Università di tutta l'Europa ci possiamo ben vantare
che nel nostro paese non ci sia alcun bisogno di studiare alcunché:
basta la raccomandazione.
Tutti
vogliono farsi sentire al passo con i tempi che corrono, con la
frenesia addosso di essere lasciati ai margini della strada. Se tutto
il mondo corre e non si ferma mai nell'utilizzo di macchine, che
stanno facendo perdere l'utilizzo della memoria, noi siamo veramente
costretti a correre per far finta di essere giovani? E' veramente
così semplice prendere informazioni di continuo dai cellulari senza
poi avere alcuna capacità di associare i concetti fra loro per
crearne di nuovi? Nessuno vuole avere più su di sé gli anni
trascorsi e vissuti pericolosamente, le scottature e le gioie vissute
in un attimo, le città ed i visi ricordati nello spazio della
propria mente? Tutto deve essere sempre documentato burocraticamente
come nella peggior amministrazione esistente al mondo senza alcun
spazio alternativo per la metafora?
Può
sembrare in apparenza che divenire vecchi non implichi lasciar da
parte la tecnologia e forse effettivamente è così, però la parola
“vecchio” racchiude con sé l'esperienza che nessuna macchina
potrà mai darti, il senso di provvisorietà che nessun ingegnere
potrà mai spiegarti, la capacità di scegliere che nessun libro
potrà mai suggerirti. Perciò vorrei invitare tutti le persone oltre
i 50 anni a considerare di essere da esempio con il loro operato per
i loro figli e le loro figlie, perché le parole possono essere
ambigue nell'interpretazione, ma il gesto non può mai essere
sottovalutato, in particolare quello che manifesta lo stile
artistico. Questo è lo stile dei vecchi.
Gli
anni portano con sé mille problemi di salute che vengono ad
accumularsi senza che noi ce ne possiamo accorgere, anche facendo
milioni di esami. Non è in questo modo che si fa prevenzione per le
malattie. Non è così che si rimane giovane, non basta entrare nel
turbine del consumismo sanitario più sfrenato. Se la società vuole
farti credere qualcosa del genere la società è sbagliata. Sta a te
criticarla. L'organismo umano è destinato ad avere un orologio
biologico che scandisce la vita di ciascuno, come se ognuno potesse
rivivere il proprio film solo guardando sé stesso nei confronti del
mondo. Smarrire questo orologio equivale a perdere la consapevolezza
del proprio mondo, degli affetti e degli avvenimenti più o meno
belli che hanno caratterizzato la propria vita.
Considerarsi
vecchio vuol dire per me sapere di essere sempre “sulle spalle dei
giganti” senza aver paura di cadere giù, perché i giganti mi
hanno insegnato a guardare il mondo da un altezza maggiore, dove
posso a volte riguardare indietro nel passato, a volte tuffarmi nel
futuro. Allora potrei anche permettermi di immaginare il mondo con la
consapevolezza che un giorno non ci sarò più, perché avrò la
sensazione di averci già fatto un viaggio prima degli altri.
Luigi
Giannachi, medico e filosofo on-line
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