I
social media sono ormai diventati croce e delizia per buona parte
della popolazione mondiale. Da un lato si prestano a essere
efficienti strumenti di comunicazione e consentono in maniera rapida
di connettersi con persone e istituzioni di ogni parte del mondo.
Alcuni di essi, ad esempio Twitter, sono principalmente usati come
mezzo di comunicazione istituzionale e pubblica; altri, come
Instagram e Facebook, sono per lo più usati a scopo personale. Altri
ancora, come WhatsApp, si prestano a usi misti, sia professionali che
privati. Dall'altro lato, ciò che li accomuna trasversalmente, e
questo è il risvolto della medaglia, è il fatto che molti soggetti
tendono ad abusare di strumenti che, in sé, sarebbero utili e,
spesso, gradevoli.
Negli
ultimi anni sono drasticamente aumentati i casi di dipendenza
patologica dai social e sono in incremento anche le separazioni e i
divorzi a causa dei tradimenti virtuali, che talvolta sfociano in
tradimenti fisici veri e propri. La costante sollecitazione alla
comunicazione, la tendenza a personalizzare e approfondire le
conoscenze con i propri contatti e gli stimoli di ogni tipo che
pervadono la rete continuano a mietere le loro vittime.
Il
senso originario dei social è in effetti la socializzazione e la
conseguente comunicazione globale. Come per tutti gli altri campi,
l'equilibrio e la moderazione sono la scelta migliore. Peccato che
questo buon senso si stia perdendo. E allora assistiamo a coppie che
scoppiano perché il partner s'intrattiene in conversazioni
confidenziali, a tutte le ore del giorno e della notte, con altri,
trascurando l'altro/a, la famiglia, gli amici veri, insomma le
persone realmente importanti per sé. Stiamo andando nella direzione
di un mondo dove i rapporti virtuali soppianteranno quelli reali,
dove la gente troverà normale considerare il cellulare il proprio
miglior amico? È questo il mondo che vogliamo per noi e per i nostri
figli? Io non nascondo la mia preoccupazione e le mie perplessità.
Tra l'altro, in tanti mostrano di non riconoscere quanto tutto ciò
sia poco sano.
Chi
entra nel giro della connessione perenne perde man mano la capacità
di giudizio critico. Spesso nega di trascorrere ore sui social e di
vivere la giornata in funzione del momento in cui collegarsi. Questo
è tipico, ad esempio, delle personalità narcisistiche, persone che
vivono un vuoto, un'insicurezza, e la colmano trovando saldi punti di
riferimento in ambienti virtuali, che gli rimandano un'immagine di sé
più attraente e desiderabile. Abusare dei social può essere quindi
un modo per ricercare sicurezza, compagnia e stabilità.
Senza
mettere alla gogna uno strumento che, se usato con intelligenza e
moderazione, può essere fonte di svago, di divertimento, ma anche di
promozione di sé e delle proprie attività, bisogna però tenere
alta l'attenzione e il livello di allarme. Perché noi desideriamo
ancora che i nostri figli mettano via quel cellulare, di tanto in
tanto, e vadano a giocare a pallone; perché speriamo di connettere
la mente al corpo e di non lasciarla volteggiare costantemente da
un'altra parte, dimenticandoci di chi ci sta accanto; perché abbiamo
voglia di sentire la voce dei nostri amici per metterci d'accordo per
una pizza tutti insieme; perché, in definitiva, ci colpisce ancora
un messaggio privato ed esclusivo del nostro uomo, pensato e scritto
solo per noi, piuttosto che un post pubblico a uso e consumo di
tutti. Perché un saluto virtuale fa sempre piacere, ma un abbraccio
vero è, e spero lo sarà sempre, tutta un'altra cosa.
Eleonora
Castellano, docente e psicologa
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