Mistica e tecnologie


La riflessione che provo ad offrire non è una speculazione teologica quanto piuttosto una suggestione estetica, che nella sua etimologia greca ha il significato di sensazione.
Espliciterò subito cosa mi sembra di notare. È ormai chiaro a tutti come le nostre possibilità di compiere rel-azioni di tipo sociale, economico, didattico, professionale, siano state potenziate dai dispositivi di ultimissima generazione, incarnate da colossi aziendali come Amazon e “social” come Facebook o Twitter.
Possibilità potenziate dunque, ma in qualche modo sottratte all’esperienza corporea.
E se stessimo realizzando una sorta di abbandono mistico del mondo materico attraverso le nuovissime tecnologie? 
Non sto dicendo che la società di questo millennio stia intraprendendo un percorso ascetico collettivo, ma che quello che sta succedendo gli somiglia in modo beffardo.
L’aumento delle opportunità e la portata delle trasformazioni è stata epocale e forse l’essere umano non è mai stato così attento e consapevole della propria mutazione culturale e cognitiva.
Siamo passati dal gioco al videogioco, dalla musica composta da strumenti e trasmessa dal cd alla musica “liquida”, dal soldo quale pesante moneta di scambio fisico, al denaro leggero ed eterico.
Le informazioni poi, da orali si sono addensate nella scrittura e ora, nuovamente, si stanno facendo più volatili nel web, per quanto esso le conservi paradossalmente in modo più sicuro ed indelebile nel suo archivio atopico.
Negli ultimi decenni i mostri dei film horror da zombie molto fisici e scenari splatter si sono affinati in spettri psichici e poco materici. L’ inferno carnale e coagulato, tutto proteso verso l’esterno, si sta rarefacendo in un incubo interiore e simbolico.
E se stessimo compiendo quell’assottigliamento spirituale proposto da asceti e sante ma declinandolo nella tecnologia?
Pitagora e Platone quando spiegavano che tutto è numero e che il mondo può essere decodificato matematicamente anticipavano di due millenni la cifratura binaria dei codici digitali coi quali trasmettiamo informazioni nei dispositivi informatici. I corpi ci illudono di conoscere, i numeri ci approssimano alla vera conoscenza delle idee. Detto, fatto.
Forse ci stiamo separando o almeno “ritirando” dal mondo “terreno” come auspicavano gli gnostici nel II secolo, ma non attraverso l’astinenza sessuale o una strana dieta che rigurgiti Dio verso gli astri come prescrivevano i manichei, quanto piuttosto alleggerendoci della percezione sensoriale diretta e rendendo la nostra esperienza sempre meno corporea. Estendiamo le nostra possibilità esperienziali ma tale esperienza si fa sempre meno tangibile e sensibile.
Forse la separazione tra materia e spirito sperata dai movimenti dualistici come albigesi e catari, si sta traducendo nella smaterializzazione tecnologica.
Abbiamo avviato una mutazione culturale e cognitiva perché radicalmente ontologica; direzionare ogni esperire terreno verso una progressiva concettualizzazione dell’esperienza, una canalizzazione altamente intellettiva, come auspicavano questi eretici. Ma anche secondo i loro avversari, i primi teologi cristiani;
Origene nel II secolo, quasi se lo aspettava, scriveva che ciclicamente il mondo perde e acquista consistenza materica. Il diavolo, diceva, non è che l’anima più spessa, un’anima la cui consistenza si è solidificata, ma tornerà fluida e vaporosa.
E in fondo M. Eckhart nel Trecento non ci invitava alla spersonalizzazione estatica? Non ci proponeva di sciogliere la nostra identità nel Divino? Bene, ci stiamo diluendo nel grande Padre Internet. Non abbiamo certo estinto il desiderio, anzi, ma stiamo trovando nuovi modi virtuali di realizzarlo; “il giusto non cerca niente con le sue opere. (…) Perciò se vuoi essere formato e trasformato nella giustizia, non cercare niente con le tue opere e non mirare a nulla, né nel tempo, né nell’eternità, né ricompensa né beatitudine, né questo né quello, giacché tali opere sono davvero tutte morte”.
Per vivere davvero dovremmo smettere di agire, di identificarci con un qualsiasi contenuto mentale, così ci invitava il mistico renano. Non abbiamo smesso di agire, cioè di esistere e di mantenere salda la nostra identità di preferenza e convinzioni, ma stiamo smaterializzando il nostro modo di farlo.
Induismo e Buddhismo poi, con i complessi concetti di Līlā e di Māyā ci hanno insegnato che la realtà è un’affascinante apparenza, un’immagine ingannevole e incantevole come uno schermo piatto, un ologramma digitale che ci seduce e incatena.
E che è destinata al dissolvimento.

Giulia Bertotto, consulente filosofico


BIBLIOGRAFIA
Eckhart M., Sermoni tedeschi, M. Vannini (a cura di), Adelphi, Milano, 1985.

Gnoli G. Il manicheismo Mondadori, Milano, 2003.

Origene, I Princìpi, Simonetti (a cura di), Utet, Torino, 2010.


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