disegno a matita di Flavio Lappo |
Tristi
fatti di cronaca ci hanno raccontato come alcune persone siano state
date letteralmente alle fiamme. Mettere in collegamento questo
aspetto brutale e infimo dell’essere umano con una domanda
millenaria come: da dove veniamo? Sembra inconciliabile, eppure mi
viene naturale pormela. Del resto se la sono posta tutti gli uomini
fin dalla notte dei tempi e in modo più pionieristico rispetto a noi
contemporanei conoscitori di tanti studi, teorie e supposizioni sulla
nascita dell’universo. Tutti, in momenti particolari come in una
notte stellata e silente, ci siamo interrogati. La suggestiva
immagine della volta celeste, quel cielo dalle stelle fisse di cui
Aristotele discorreva nel De
Cielo, nella Metafica e
nella Fisica,
ora sappiamo essere uno spicchio di un cosmo in espansione e, se è
vero come dicono gli antropologi, Freud stesso la tira in ballo
quando la applica allo sviluppo psichico dell’uomo, che
l’ontogenesi ripercorre la filogenesi, allora stiamo tranquilli.
L’evoluzione psichica, come quella fisica, del singolo individuo
(ontogenesi) ripercorre la stessa strada di quella della specie
(filogenesi), è quindi normale essersi interrogati sulle stesse
questioni. Certo ogni uomo contribuisce un pochino all’evoluzione,
ma la cosa è molto lenta e non ce ne rendiamo conto. I filosofi non
potevano esimersi da tale attività e nella nostra cultura greco -
occidentale ci hanno pensato per primi i presocratici della scuola di
Mileto nel VI secolo a. C. Talete, Anassimandro e Anassimene.
Come sempre l’essere umano cerca il proprio tornaconto e pare fu
Aristotele a dar risalto a questa origine. Si narra che a lui
convenisse, per dar più peso ai suoi stessi studi, anteporre tre
filosofi come quelli citati, ritenerli padri fondatori di quella
filosofia scientifica di cui lui fu maestro indiscusso ancora per
secoli dopo la propria morte: gli dava un’origine più importante.
Dobbiamo tener conto che Aristotele fu l’ajo di Alessandro Magno,
la credenziale gli era di certo utile. Fuori da queste discussioni in
fin dei conti sterili, vorrei concentrare la nostra attenzione sul
pensiero dell’origine. Talete sosteneva che l’origine della vita
(l'arché)
fosse da ricercare nell’acqua,
scriveva infatti "L'acqua è il
principio di tutte le cose; le piante e gli animali non sono che
acqua condensata e in acqua si risolveranno dopo la morte";
Anassimandro nell’aria che
permette la vita circondando il mondo; Anassimene nell’apeiron,
una sostanza indefinita e infinita da cui tutto si è generato (in
greco apèiron significa
infinito da contrapporre a peràs finito).
Che dire: ebbero un’intuizione grandiosa, perché di intuito si
tratta unito all’osservazione che ha dimostrato discostarsi poco
dalle moderne scoperte scientifiche. Dopo
queste prime intuizioni desidero condurre la mia riflessione
all’unità che tutto costituisce: all’atomismo di Democrito. Egli
fu iniziato dal maestro Leucippo e insieme presero il marchio
dispregiativo del materialista.
Oggi si sa quanto la definizione sia erronea in quanto la distinzione
tra materia e spirito all’epoca non era stata ancora elaborata.
L’accusa fu inoltre quella di aver dato una spiegazione dei
fenomeni imputabili al caso, lo stesso Dante nel IV canto
dell’Inferno scrisse ”Democrito che
’l mondo a caso pone”, in realtà
Democrito si sforzò solamente di interpretarlo in modo razionale e
necessario secondo quanto disse il maestro Leucippo “Nulla
si produce senza motivo ma tutto con ragione e necessariamente”.
Il suo casualismo è solo un rifiuto della finalità dei fenomeni;
egli non ricorre a cause esterne, gli atomi che formano il mondo si
muovono senza un disegno preordinato e senza quindi nessun fine. A
Democrito interessa come avvengono i fenomeni e non perché. Oggi
conosciamo l’esistenza delle particelle sub-atomiche e quindi non
consideriamo più l’atomo come la più piccola parte della materia.
Cosa possiamo ricavare dalla concezione democritea? Una capacità di
chiarezza nell’affrontare le questioni senza creare fuorvianti
mescolanze. Cosa possiamo imparare dai suoi detrattori? Il valore
negativo delle etichette. Quando ci raccontano che quella tal persona
è in un determinato modo, prima di prenderlo per buono facciamo di
tutto per andare a fondo, a costo di criticare lo stesso Platone che
attraverso la persona di Socrate ci ha insegnato a sconfiggere i
pregiudizi…anche se lui stesso, Platone, si narra, avesse l’insano
desiderio di bruciare i libri di Democrito. È strano, non lo ha mai
citato nelle sue opere: forse perché la pensava diversamente a
proposito del caso. Probabilmente quando non si riesce ad andare
oltre i propri maestri, a sorpassare i predecessori, a mettere in
discussione ciò che non ci piace col dialogo, si ricorre alla
eliminazione dell’altro che non ci aggrada. Un po’ troppo
primitivo, quel primitivo che millenni di evoluzione non hanno saputo
far evolvere in civiltà. E allora sarebbe interessante la ricerca e
la possibile scoperta di un nuova arché,
quella che ci spieghi l’origine di quella crudeltà, di quella
feroce aggressività che cova ancora dentro di noi.
Maria
Giovanna Farina Tutt i diritti riservati©
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