Parole al vento, un modo di dire che si presta a più di una interpretazione. Comunemente con parole al vento si vogliono indicare i discorsi che non lasciano traccia, che non scalfiscono, che non destano l'attenzione del nostro interlocutore: parole che si perdono e a noi resta solo l'amara considerazione di aver parlato per nulla. Ma il vento è un elemento che corre lontano e metaforicamente può indicare un trasporto veloce della nostra comunicazione. Il vento è solo un mezzo privo di intelligenza e per raccogliere ciò che trasporta sono necessari abili raccoglitori di notizie.
Possiamo trasformaci in cronisti del vento? Vi sembra
una cosa assurda? Non lo è se pensiamo ad esempio che tutte le notizie corrono
nell'etere, ma ancor meno se consideriamo il fatto che Zeus, il sommo dio
dell'Olimpo greco, decise di chiudere i venti in alcune anfore perché li
riteneva pericolosi. Sicuramente avrà avuto le sue buone ragioni che io
interpreto come la paura di mandare in giro notizie indesiderate. E si sa, il
vento lo avrebbe fatto con grandissima velocità.
Lo sappiamo benissimo quanto, ad esempio, il pettegolezzo sulla nostra persona corra veloce tanto più è negativo e capace
di danneggiarci, ma anche le buone notizie possono prendere grande velocità:
sta a noi affidarle al vento e curare che giungano a destinazione. Non dobbiamo
temere le brutte parole e chiuderle in una grotta, ma contrastarle con
buonissime notizie. E magari metterci in gruppo, un gruppo di cronisti del buon
vento!
Il mio discorso sembra un po' paradossale, ma ricordiamo che i paradossi spingono ad osare e chi osa ha più possibilità di farcela.
Maria Giovanna Farina
Maria Giovanna Farina