Nutrirsi
a volte diventa il problema della vita, non perché ci manca il cibo
ma perché con esso abbiamo un rapporto strano. Senza condurre il
discorso verso vere e proprie patologie, i cosiddetti disordini
alimentari, rimaniamo nell'area delle difficoltà gestibili con la
riflessione personale. Il cibo è comunicazione? Altroché!
Comunicazione con se stessi e con il mondo. Se invito qualcuno a
pranzo e dopo aver carbonizzato l'arrosto gli faccio trovare una
scatoletta di tonno e due foglie di insalata posso volergli dire che
non avevo tanta voglia di invitarlo, ma per qualche obbligo che
sentivo nei suoi confronti l'ho fatto lo stesso. Ciò non significa
che ogni volta si brucia qualcosa il significato è quello, ma
potrebbe esserlo. Nutrirsi è comunicare anche con il proprio corpo,
vi sarà capitato di provare un irresistibile desiderio di riempirvi
la bocca di zucchero? Potrebbe essere dovuto ad un calo di zuccheri
nel sangue e subito il nostro istinto di autoconservazione si sta
mettendo in moto per sostenerci. E che dire delle grandi abbuffate
per reagire ad un amore finito? Altro esempio di come, tentando di
superare una delusione, ci si butta a capofitto nelle torte alla
panna o si trangugia una tavoletta di cioccolato: il loro sapore
rimanda al latte e al ventre materno. Quando siamo in difficoltà è
naturale voler tornare bambini, ai bei tempi in cui la mamma ci
accudiva; ciò non deve farci sentire deboli e infantili: allora il
cibo faceva parte del suo accudimento, oggi rappresenta solo un
nostro bisogno di gratificazione. È interessante anche imparare a
notare quali sono le vivande che più amiamo offrire ai commensali,
li c'è senz'altro una parte di noi, qualcosa che desideriamo
condividere, qualcosa di speciale da comunicare. infine ricordiamo che l'atto di nutrirsi è sempre un atto d'amore verso noi stessi.
Maria
Giovanna Farina
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